Un giorno, un uomo, che agognava divenirlo, raccontò agl’altri d’essere un grande mago, in grado, con la sua potenza di risolvere ogni loro problema e dare certezza al loro futuro. Gl’uomini gli cedettero e, con il sostegno che gl’accordarono, il mago divenne potente davvero. Con accortezza, grancassa e pompamagna ne accontentò alcuni. I più opportuni. Perciò era vero: accontentava davvero. Gl’altri, chiedevano un sogno, un’illusione, nulla più: d’essere i conoscenti, gl’amici, i servi, i devoti del grande mago. Un suo sorriso. Ciò infatti gli conferiva lustro, onore, gloria, potere. Il Mago con una benedizione, subitaneo li esaudiva. Ognuno, in cambio, gli versava il proprio tributo: denaro, sudore, fatica. Ciascuno gioiva: era Lui l’amico, il devoto, il favorito del grande Mago. Un privilegiato. Tutti erano felici di sputare sangue. Più felice di tutti il Mago, che si convinse non solo di esserlo davvero, ma anzi d’essere un santo, di più il sommo benefattore: Dio. Comparve un giorno un uomo, un uomo vero. Il Dio chiese anche a lui il suo tributo. Egli lo versò. Il Dio gli concesse il sorriso e la propria benedizione. L’uomo rise: non cercava lustro, gloria onore, potere, d’essere anche lui, davanti agl’altri il pupillo del grande Mago. S’incollerì la folla. Vacillò il suo grande Dio. La folla s’armò, non l’uomo. Si fronteggiarono. Gl’occhi dell’uomo, profondi, penetranti, la tennero a bada, più forti di qualsiasi arma: gl’occhi di un uomo in cui si leggeva che non aveva paura di nulla, neppure della morte e del demonio. Orrendi: Veri. Sorrise con misericordia. Si volse. La folla ripose le pietre. Egli s’allontanò così come era venuto: solitario nel vento. Sospirò di sollievo la folla ed in quell’istante udì un plauso alle sue spalle. Si voltò tutta ed al vedere plaudente il proprio Dio esultò come non mai e con somma gioia si prostrò ai suoi piedi, felice alle lacrime, urlando: Barabba, Barabba, Barabba.
francesco latteri scholten.