Per l'Università pubblica sulle barricate con gli studenti anche loro: San Tommaso dAquino e Jean Paul Sartre.



Era sulle barricate anche lui, con gli altri studenti, a combattere per la libertà di cultura, contro il privilegio di pochi. Contrariamente all'immagine che oggigiorno se ne ha, era tutt'altro che un dogmatico ed un conservatore: era un uomo di Spirito libero ed aperto, che studiava Aristotele quand'appena la Chiesa lo aveva tolto dall' "Indice", e lo studiava da un maestro - Alberto Magno - che non si era curato affatto che fosse all' "Indice". Era un ingegno vastissimo ed aperto alla vastità ed al confronto con tutti. Dobbiamo a lui e a quelli come lui - ad es. Bonaventura, suo contemporaneo - ed al loro impegno, alle loro lotte, di avere le Universitas. All'epoca non si distinguevano, come oggi, dalle "Scholae" per grado accademico, anche quest'ultime erano delle "Università". Le "Scholae" erano università private, non solo a numero chiuso, come oggi si direbbe, ma anche con rigidi criteri di ammissione non semplicemente culturali, ma, soprattutto, politico economici e religiosi. Le rette erano infatti cospicue e precludevano così lo studio ai più, inoltre per l'ammissione era richiesto un nulla osta tanto dell'autorità feudale che di quella ecclesiastica. Nelle città che all'epoca andavano estendendosi sorsero dunque delle nuove forme di "Scholae" - spesso sostenute anche da potenti di mentalità aperta, come l'imperatore Federico II ad es. per quella di Napoli - che si caratterizzavano per il fatto di essere aperte a tutti, senza vincoli economici, feudali o ecclesiali. Che si caratterizzassero cioé proprio per l' universalità, da qui il nome: Universitas. In sintonia con ciò anche la metodologia d'insegnamento e perciò la lezione. Non la lezione delle "Scholae", praticamente la lezione universitaria di oggi, con il professore "one singol man orchestra": lui se la canta e lui se la suona. Bensì la "Quaestio": un Baccelliere - assistente del Prof. - introduceva l'argomento illustrando le tesi a favore e quelle contrarie, quindi si teneva la "Disputatio" ed al termine il Magister - il Prof. - faceva il punto. Due volte l'anno poi, una a semestre, il tema della Quaestio era scelto liberamente e poteva riguardare qualsiasi argomento: ad quod libeta. L'opera di San Tommaso d'Aquino testimonia della bellezza di questa metodologia. La lotta fu aspra, e contro Tommaso e Bonaventura e l'Università pubblica che non si voleva e nella quale meno che mai si voleva insegnassero i frati, si scagliò addirittura tutto il clero secolare, guidato da Guglielmo di Saint Amour. Questi portò avanti accuse violentissime nella "De periculis novissimorum temporum" del 1255. Come si vede anche all'epoca i titoli erano quelli di oggi a testimonianza della pauperitudine di fantasia e della ristrettezza ed angustia mentale del conservatorismo sia dell'epoca che di oggi. Tommaso rispose con forza nella "Contra impugnantes Dei cultum et religionem". Dovette intervenire a più riprese il Papa stesso, Alessandro IV, ed ordinare ed imporre poi il rispetto di Tommaso e Bonaventura. L' Università in questione era la da poco istituita Università di Parigi, la "Sorbonne", all'epoca un fulcro di cultura progressista, oggi, ma già ai tempi di Sartre un covo di conservatori dogmatici. Sarà, piano piano lo spirito delle "Scholae" ad invadere la Sorbonne, mentre quello delle Universitas si sposterà altrove, in altre Università, ma soprattutto in altre istituzioni quali il celeberrimo "College de France". Da esse questo andrà all'arrembagio della Sorbonne come due secoli prima andò alla Bastiglia, simbolo dell' Ancienne Régime: ormai la celebre Università era del tutto una Schola. Ormai però, siamo nel maggio del 1968, non ci saranno più rappresentanti di nessun genere del mondo ecclesiastico a fianco degli studenti, neppure quelli dell' "Ordine dei Predicatori" come Tommaso o dell' "Ordine dei Mendicanti", come Bonaventura. Meno che mai un Papa prenderà posizione come fece Alessandro IV. Per quello che riguarda studenti e lavoratori anzi la maggioranza del mondo ecclesiastico pare persino quasi ignorare la "Rerum Novarum" di Leone XIII. Il clero contemporaneo sembra purtroppo quasi del tutto sulle linee di Gugliemo di Saint Amour e della "De periculis novissimorum temporum". Posizioni parallele - mutatis mutandis e considerata l'evoluzione dei tempi - a quelle che furono di Tommaso e di Bonaventura sono state sostenute invece da grandi laici come Jean Paul Sartre, il cui concetto di "Qualité" è del tutto assimilabile a quello tomista di "Habitus" con quanto ne consegue per l'etica, e come Michel Foucault, la cui interpretazione del soggetto - si veda ad es. "L'ermeneutica del soggetto" - è gravida di classicismo umanista. Entrambi però sono fortemente pregnati, specie Sartre, anche dalla cultura fenomenologica, e per entrambi l' "Intenzionalità" di fondo è volta al progresso ed ai diritti umani. La sopravvivenza dello Spirito delle Universitas, quello che ha dato il più grande contributo storico alla crescita non solo culturale e tecnica, ma anzitutto Spirituale, è dunque ormai interamente affidato alle mani dell'impegno laico, e, soprattutto purtroppo soltanto degli stessi studenti. Per loro, in mancanza di figure contemporanee valide, quelle mirabili, medioevali, quali quelle di Tommaso e Bonaventura, o del recentissimo passato come Sartre e Foucault possono essere un importante e significativissimo faro nell'oscurità e nelle nebbie della notte fonda contrassegnata dai vari Guglielmo di Saint Amour ecclesiastici e non di oggi.
francesco latteri scholten.