mercoledì 28 ottobre 2015

Quattro chiacchiere su Nietzsche, Dioniso e la nascita della Tragedia.


E' stato Nietzsche un grande amante dell'Italia (dove ha ripetutamente soggiornato) e dall'Italia è stato ricambiato: sono italiani, Giorgio Colli e Mazzino Montinari, i filologi che hanno rimesso ordine nei testi nietzschiani purgandoli delle manomissioni ideologiche, ed italiani i suoi maggiori interpreti tra i quali oltre ai citati va ricordato Gianni Vattimo. La passione del nostro, già dai tempi universitari a Bonn, è tutta per la classicità appresa da Friedrich Ritschl e poi per il Rinascimento, specie italiano, conosciuto, a Basilea, grazie a Burckhardt in persona. E' probabilmente di stampo aristotelico l'ispirazione di Nietzsche che si chiede il "donde" ed il fine, ad esempio "da dove" la Tragon Ode ossia il canto del capro, la tragedia, e come sia giunta al suo essere. E qui, nella risposta, inizia la Filosofia di Nietzsche. L'origine più remota è infatti nelle "Falloforie", nelle quali, due volte all'anno in occasione degl'equinozi, in riti disorganizzati in cui si univano l'elemento orgiastico e quello mistico, in danze inebriate, i partecipanti appartenenti a tutte le realtà del villaggio, compresi sacerdoti e sacerdotesse, capi e servi, partecipavano ai riti della fecondazione e della procreazione. C'è l'elemento secolare da cui originerà la Satira e quello religioso affine a Dioniso danzante. Il canto danzante di Dioniso è dunque mosso da Spirito unificatore, unisce le molteplicità e realtà personali più diverse lasciandole confluire all'Uno. E' questa la tesi di fondo della Filosofia di Nietzsche sin dai suoi primordi. E', al tempo stesso, il parametro da cui parte. Ed ecco che allora il culmine della Tragedia con Euripide ne segna al tempo stesso il tradimento più radicale per l'introduzione del criterio razionalistico che invece è "Diaballw" Spirito di divisione, Diavolo, che muove in senso opposto. La sua incarnazione più totale è Socrate, l'ideatore della dialettica, la concrezione più piena del razionalismo dividente. Ma, radicalmente intriso dal "Diaballein" è anche il giudaismo con il suo purismo la cui estrinsecazione pratica è la Menzogna di spacciare per religione dell'essere quella che invero è religione dell'avere e del potere il cui sillogismo di fondo è "Questi sono i puri, ergo questi hanno l'Essere, questi sono i Figli di Dio, ergo è a loro che spetta l'avere". Il massimo anatema è raggiunto ovviamente dalla confluenza di entrambi che si ha nel prologo del Vangelo di Giovanni. Questa è infatti l'origine del tecnicismo e della scientificità tecnica il cui esito è la morte di Dio, annunciato non a caso proprio ne "La gaia scienza", il celeberrimo aforisma 125 "Il folle". Ed ecco allora la necessità dell' "OltreUomo", ossia dell'uomo che, sulla scia di Zaratustra, oltrepassi nello Spirito danzante di Dioniso l'uomo asservito allo Spirito di divisione, caduto nel baratro del molteplice, reinstauri l' "eterno ritorno" dell'eguale, lo Spirito unificante dell' Uno. Ma è qui, nell'iperlavoro disperato su questa via, di fatto in un orizzonte impossibile, che si ha il tracollo psichico e nervoso di Nietzsche: se infatti è vero che lo Spirito di Dioniso che ancora allieta tutte le umane Feste e conviti è fondamentale all'uomo, è vero altrettanto che la Comunità e la Società umane hanno bisogno anche del "Nomos", ossia della legge e quindi del Principio socratico...
francesco latteri scholten