martedì 21 settembre 2010

Umberto Eco profeta? Descritta già in "Baudolino", dieci anni fa, l' attuale situazione del governo.



Era il 2000, Umberto Eco pubblicava il suo nuovo romanzo, "Baudolino". Il Corriere della Sera commentava così: "La storia di un cosmopolita che è a suo agio dappertutto. Forse il libro più bello di Umberto Eco, e certamente il più felice dopo Il nome della rosa." Facevo eco la Repubblica: "E' senza dubbio il libro più lucido dello scrittore, e attraversato da una dominante atmosfera di fantasiosa ilarità, che si comunica al lettore nonostante egli si trovi fra massacri, occupazioni belliche, furti, incendi e altre impegnative opere di rovine." In realtà le recensioni colgono solo la tematica di superficie del romanzo. La tematica vera è quella della ermeneutica e del rapporto tra realtà, soggetto, cultura, storia, potere e verità. Questi alcuni dei più importanti poli tra i quali la pur accurata indagine storica si districa alla ricerca della realtà e della verità. Una ricerca evanescente nella quale lo stesso soggetto finiva con il dissolversi. E' - allora come oggi - il potere a conferire alla realtà storica quel valore veritativo che gli giova per leggittimarsi. Dunque verità e mito, leggenda, favola, vengono di fatto a trovarsi nello stesso orizzonte, sullo stesso piano. Allo stesso modo è sempre il potere - di nuovo, ieri come oggi - a costituire la realtà socio culturale, ossia il "Mondo" in cui si colloca il soggetto. Il soggetto stesso quindi - anche se inizialmente aveva la certezza ingenua di poter fare e disfare a suo piacimento - alla fine è perduto e dilegua. E' il problema ermeneutico, o, per citare un altro titolo di Eco, I limiti dell'interpretazione. La tematica in realtà è attuale per il semplice fatto di essere la tematica propria, alla fine, di ogni tempo e di tutti i tempi, perciò di ieri, ma anche di oggi e di domani. Un passo in particolare, relativo al rapporto tra l'imperatore e i suoi vassalli descrive con precisione minuta l'attuale situazione della maggioranza di governo: "Perché un conto, stai bene attento signor Niceta, che questo è un punto molto sottile che forse i bizantini non sono così sottili da capirlo, un conto era difendersi quando l'imperatore ti assediava, e un altro dargli battaglia di tua iniziativa. Cioé, se tuo padre ti picchia con la cinghia, hai anche diritto di cercare di afferrarla per strapprgliela di mano - ed è difesa - ma se sei tu a levare la mano su tuo padre, allora è parricidio. E, una volta che hai mancato definitivamente di rispetto al sacro e romano imperatore, che cosa ti rimane a tenere insieme i comuni d'Italia (oggi, i pezzi di maggioranza)? Capisci, signor Niceta, erano là che avevano appena fatto a pezzi le truppe (oggi, il PdL) di Federico (oggi, Berlusconi), ma continuavano a riconoscerlo come il loro unico signore, ovvero non lo volevano tra i piedi ma guai se non ci fosse più stato: si sarebbero ammazzati l'uno con l'altro senza neppure più sapere se facevano bene o male, perché il criterio del bene e del male, era, in fin dei conti, l'imperatore."
francesco latteri scholten